Ospedale Civico “Giuseppe Giglio”
Attualmente centro con servizi di tipo medico-sociale, ma in origine è stata una residenza privata.
L’edificio, di Via Aldo Moro n. 1, angolo con Viale Mazzini, fu costruito intorno al 1905 su richiesta del dottor Giuseppe Giglio come sua residenza privata. Questa informazione è confermata da una foto del 1888 appartenente alla Collezione di Nico Marino, che mostra una struttura preesistente.
La data di costruzione è nota per tradizione e, inoltre, è stata confermata dall’Arch. Salvatore Vizzini, che ha gentilmente comunicato che l’Araucaria excelsa, una specie di albero importata da paesi esotici e di recente introduzione nei giardini siciliani secondo i principi dell’architettura moderna dell’epoca, è stata piantata nel cortile interno dell’edificio intorno al 1906, probabilmente poco dopo il completamento della struttura.
Successivamente, lo stesso proprietario ha cambiato la destinazione d’uso dell’edificio da residenza privata a ospedale pubblico.
Come già evidenziato, questo edificio si colloca cronologicamente a Cefalù al confine tra l’architettura del XIX secolo e il nuovo linguaggio liberty, anticipando alcuni edifici nella sua volumetria generale ma ancora utilizzando motivi stilistici neogotici.
Questo edificio si erge imponente e maestoso, senza però perdere la sua dignità e coerenza formale, su tre piani fuori terra. In origine, la facciata principale era ancora più austera e quasi sembrava una fortezza, grazie alla merlatura sovrastante che è stata successivamente rimossa.
Questo dettaglio è ancora visibile in una foto che mostra la Via Roma dalla Rocca di Cefalú, appartenente alla Collezione Privata N. Marino, datata negli anni ’30, così come in un’altra foto anonima, probabilmente dello stesso anno.
La facciata che si affaccia sulla Via Aldo Moro è caratterizzata da una forte simmetria bilaterale, che rispecchia ancora la concezione architettonica dell’Ottocento. Questa simmetria è particolarmente evidente al terzo piano, dove il volume centrale pieno si contrappone ai vuoti delle due terrazze laterali, anticipando così la tipologia volumetrica di Palazzo Savarese.
Il prospetto presenta un forte ritmo grazie alla suddivisione in registri sovrapposti, separati da elementi orizzontali ben definiti e da lesene verticali. Questi registri si distinguono per l’alternanza tra le parti solide del paramento murario e le aperture vuote. Le aperture sono costituite da bifore con archi a tutto sesto, seguendo uno stile neogotico semplificato rispetto ai grandi centri urbani.
L’intera facciata è intonacata, comprese le parti che circondano le aperture. Queste parti, che sovrastano i due fori delle bifore, presentano una zona traforata all’interno dell’arco che le contiene, mentre quelle al di sotto delle finestre sostengono una balaustra decorata. Entrambe queste parti sono realizzate in stucco bianco, creando una delicata bicromia nella facciata, con il caldo giallo e il candido bianco dell’intonaco.
Tuttavia, è importante sottolineare, come ci è stato riferito oralmente, che l’attuale colorazione probabilmente non riflette quella originale. Gli elementi decorativi sono inoltre enfatizzati dal forte gioco chiaroscurale delle modanature lineari che evidenziano le aperture, più riccamente decorate nei primi due piani fuori terra e più semplici all’ultimo piano. La disposizione ritmica dell’edificio proietta all’esterno la funzionalità degli ambienti interni, evidenziata ancora di più dall’effetto del bugnato bocciardato, che con la sua ruvidità crea un contrasto tra le parti lisce che lasciano passare la luce e le zone percettivamente grezze che la catturano.
Particolarmente interessante ed elegante è il portale d’ingresso dell’edificio, composto da un arco a tutto sesto delimitato da una ghiera di pseudo-conci segnata da una modanatura leggermente strombata e intonacata. In basso, è interrotto da una zona di zoccolatura in pietra grigia locale articolata in diverse cornici, che costituisce il basamento dell’edificio, mentre in alto è presente un fregio in stucco bianco posto in chiave, che richiama le forme sinuose e stilizzate delle foglie di acanto corinzio, con sopra due eleganti volute di gusto ionico, che sembrano quasi simulare la leggerezza di una nuvola o di piume di uccello, evidenziando la raffinatezza del capitello composito.
Non si osserva interruzione nell’archivolto dell’arco al livello delle reni sul suo piano d’imposta. Il portone in legno dipinto è diviso in otto grandi pannelli, di cui i quattro inferiori sono occupati dalle due porte di accesso, lisce, ma decorate al centro con eleganti rosette in rilievo.
La zona sopra il portone, di forma semicircolare che segue l’andamento dell’arco del portale, è adornata da un elemento in ferro battuto e decorata con motivi radiali, evidenziando così l’attenzione radicata e tradizionale dei maestri locali per la lavorazione dei metalli.
Il prospetto laterale è molto meno articolato e più semplice nella suddivisione orizzontale della fascia marcapiano, ma allo stesso tempo è ben ritmato dai pieni e dai vuoti.
Per quanto riguarda la pianta, realizzata su un lotto di forma trapezoidale, segue in modo regolare e perfettamente ortogonale l’andamento di Via Aldo Moro e riprende nella distribuzione interna il disegno delle lesene sul prospetto della stessa via, sviluppandosi attorno a una corte interna centrale che tradisce l’originaria vocazione privata della casa siciliana chiusa in sé stessa attraverso un’introspezione centripeta.
Domenico Brocato – Foto Storiche Cefalù
Fonti:
“Il Liberty a Cefalù” di Giacinto Barbera e Marcella Moavero – istituto Statale d’Arte di Cefalù
“Giuseppe Giglio” di Nico Marino – Marsala Editore