Cefaludesi Illustri

TOTÒ RANZINO

Poeta Dialettale

Totò Ranzino nasce a Cefalù il 2 marzo del 1907, suo padre Giuseppe la madre Filippa Mormino. Certamente le persone di una certa età, a Cefalù si ricordano tutti. Di lui si mantiene il ricordo del bidello della scuola elementare il cui fare accattivante finiva con renderlo simpatico agli alunni e ai loro genitori

Ma questo è l’aspetto più immediato di Totò Ranzino, quello cioè che viene subito alla memoria perché il più recente nella mente di chi lo ha conosciuto. Ma dell’altro Totò, uomo e poeta popolano, i cefalutanipiù autentici possono conoscere le imprevedibili sfaccettature.

Era il Totò Ranzino che giornalmente verso le ore 14,30 scendeva dal vicolo Re, alle pendici della Rocca, dove abitava e si portava con l’immancabile sigaretta alle labbra e con procedere dinoccolato al Bar Duomo , per i cultori del passato, il Bar Unica; e lì, unica era la figura di Totò Ranzino.

Salvatore Ranzino - Foto dall'archivio del gruppo Foto Storiche Cefalù

Cominciava la serie di caffè e, nel periodo estivo, di granite e delle strette di mano affettuosissime di tanti amici che aveva e di quanti ne conoscevano la musa popolare.

Tornato dalla campagna d’Africa dell’ultimo conflitto mondiale aveva sposato “donna Annetta” Cicero che, credendo alla promessa di matrimonio manifestatale da Totò vent’anni prima, vedeva il suo uomo tener fede all’amore di gioventù.

Si sposarono e da questa unione nacquero: Giuseppe, Filippo, Rosa Maria e Antonino. Prima che venisse assunto come bidello Totò Ranzino svolgeva il mestiere di indoratore e quello di poeta.

 

Poeta dialettale Totò Ranzino lo fu dando sfogo alla sua verve sorniona e popolare che oggi, dopo la morte, ce lo consegna come uno dei più veraci figli di Cefalù.

I suoi erano versi sciolti nel senso che provenivano da un animo paesano, maturato a contatto con i sentimenti più veraci della vita, nell’ambiente più semplice di Cefalù,  quello che vive alle pendici della Rocca, propaggini di una creazione naturale dove la bellissima Diana e i primitivi abitanti alimentarono, secondo il mito più usuale, la linfa che doveva discendere fino al mare.

Di questa linfa Totò Ranzino fu interprete autentico e cioè espressione di primitiva sensibilità poetica e, prima che tale, umana. Scriveva con sbrigliata “smancia” e le sue rime nascevano da quell’ambiente rarefatto che solo chi vive alle pendici della Rocca può avvertire, dove, come in una giornata di torrido sole così in un pomeriggio di cupo inverno, la vita sembra essere sospesa e dove tra vicoli e vicolettisolo l’improprio vociare dei bambini si avverte. 

Che Totò Ranzino fosse un cefalutano autentico ognuno lo potrà cogliere dai suoi versi che, senza furbizie letterarie, senza accorgimenti accademici, sono il frutto di chi era nato poeta, senza retaggi dottinari e imbastiture filosofiche, e scriveva alla maniera di Carmine Papa.

Scriveva sulle chiacchiere di due amici al bar, sulla figura di una donna piacevole, sugli incerti movimenti di una bambina, sulla lontananza da un amico caro, sull’episodio della vita locale che aveva suscitato chiacchiere e “curtigghiu”, fenomeno tipico dei piccoli centri della Sicilia, indescrivibile nei contenuti tipici e indubbia espressione di giornalismo cronistico vitale e plurisoggettivo.

Totò Ranzino “non aveva scuola” come soleva dire, ma non per questo non fu poeta, che non v’è scuola che possa istruire

La dimensione poetica di Totò Ronzino non appartiene a scuole, a movimenti letterari: è, invece, la creazione di piccoli quadri espressivi della vita quotidiana e dei sentimenti di ogni giorno. Totò soleva buttare in minuti fogli di quaderno, i versi della sua vena, tracciando figure di personaggi paesani, umoristicamente raccontando episodi della vita comune, dedicando ora all’una ora all’altra persona cara due tre rime di profonda benevolenza e, qualche volta, di maldicenza non cattiva.

Apprezzati erano gli scambi di invettive poetiche che Totò Ranzino rivolgeva a Nino Testa, notissimo poeta dialettale, che, dopo la morte di Totò sentendo il distacco, forse più di tutti gli altri amici, in sua memoria sul Corriere delle Madonie scriveva:

“…Tu, pueta cummidianti natu
ora ti n’acchianasti ‘n paradisu
dunni pò sfuttiri e ridiri biatu”.

Versi questi che dipingono magnìficamente la figura di Totò Ranzino, come lo vide Nino Testa cosi ci piace immaginarlo. Questa breve premessa non vuole essere un commento o una recensione al Poeta Totò Ranzino ma un tentativo di consegnare i suoi versi a chi non l’ha conosciuto e da essi può trarre il ricordo di un poeta delle cose comuni e della povera gente.

Totò Ranzino muore a Cefalù il 17 Dicembre 1969.

Foto Storiche Cefalù

Tratto dalla prefazione di Saro Culotta, nel  libro di Poesie e Novelle: “…Un moru cchiu!” di Totò Ranzino – Lorenzo Misuraca Editore

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